martedì 4 giugno 2013

le scadenze non sono il mio forte.

Maledizione. Piove, di nuovo. Mi sono lavata i capelli stamattina, ma va sempre così.
Il cane mi guarda, come a dire “eh si adesso sono affaracci tuoi.”
Grazie, Pablo.
Ripenso al funerale in continuazione, a mia cugina che piange e mia sorella che la stringe in un abbraccio soffocante. Le gocce di pioggia si infrangono sul vetro, fuori il freddo e le persone in trepidazione per correre al lavoro, accompagnare i figli a scuola, recarsi dall’amante, chi lo sa.
Dentro un fetore di stantio, misto immondizia, proveniente da un barone che dorme in un posto centrale. Lui si gode il sonno e, alla fine, ci fotte tutti con questa puzza.
Arrivo al lavoro, ritardo: 2 minuti e 43 secondi. Scivolo dietro la scrivania, accendo il pc, mi attacco al telefono e mi infilo gli auricolari senza destare il sospetto del capo.
“Marta!”
Cazzo.
“Si?!”
“lo sai come sono le regole qui, no? Cioè se il tuo turno inizia alle 9:00 sei consapevole del fatto che devi arrivare alle 8:50 per sistemarti e non in ritardo!?”
“Ah si certo scusa… ma c’era traffico… sai con la pioggia van tutti più lent…”
“Si ovviamente, e dovresti saperlo prevedere ormai. Mi aspetto che recuperi con qualche aggancio vincente.”
Tutto questo non include una strizzata d’occhio finale con annesso sorriso ammiccante atti a incitarmi. NO, anzi.

Come al solito rimango senza parole, a guardarlo come una babbea, mentre lui cammina verso postazioni altrui dandomi le spalle già da alcuni secondi. Immagino allora le frasi che potrei sfoderare senza dargli l’opportunità di rispondermi e sentirmi per una volta vincente di fronte ai suoi inutili rimproveri. E la cosa che mi irrita di più non è tanto l’ammonizione in se, ma quell’arrogante aria di giudizio nei miei confronti.

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