giovedì 16 agosto 2012

Mio fratello è figlio unico





Mio fratello è figlio unico

perché non ha mai trovato il coraggio
di operarsi al fegato
e non ha mai pagato per fare l'amore
e non ha mai vinto un premio aziendale
e non ha mai viaggiato in seconda classe
sul rapido Taranto - Ancona
e non ha mai criticato un film
senza mai prima vederlo



mio fratello è figlio unico
perché è convinto che Chinaglia
non può passare al Frosinone
perché è  convinto che nell'amaro benedettino
non sta il segreto della felicità
perché è convinto che anche chi non legge Freud
può vivere cent'anni
perché è convinto che esistono ancora gli sfruttati
malpagati e frustrati



mio fratello è figlio unico
sfruttato represso calpestato odiato
e ti amo Mario
mio fratello è figlio unico
deriso frustrato picchiato derubato
e ti amo Mario
mio fratello è figlio unico
dimagrito declassato sottomesso disgregato
e ti amo Mario
mio fratello è figlio unico
frustrato derubato sottomesso
e ti amo Mario
mio fratello è figlio unico
deriso declassato frustrato dimagrito
e ti amo Mario
mio fratello è figlio unico
malpagato derubato deriso disgregato
e ti amo Mario


Rino Gaetano

martedì 14 agosto 2012

APPUNTAMENTO CON I MITI. episodio 1°


Viktor & Rolf Fall/ Winter 1999-’00








Ÿ  Stilista: Viktor & Rolf

Ÿ  Stagione: Autunno/ Inverno 1999-’00

Ÿ  Settimana della moda: Parigi, marzo 1999

Ÿ  Titolo collezione: Russian Doll

Ÿ  Sfilata: Lo show allestito per la collezione invernale del 1999 da Viktor & Rolf è un letterale capovolgimento della dinamica della sfilata canonicamente intesa: gli ospiti infatti non hanno assistito ad un  via vai di modelle, che uscivano ed entravano con la loro falcata nel backstage, bensì si sono ritrovati di fronte ad un’unica modella che addosso aveva solo una leggera e corta sottoveste, accompagnata da due uomini che l’hanno condotta e posizionata su di una pedana circolare, dove c’era già un paio di scarpe ad attenderla. Una volta aiutata nell’indossarle, viene fatta salire sul piedistallo che inizia a ruotare lentamente, per dare modo a tutto il pubblico presente nella stanza di guardarla nelle varie angolazioni; i due uomini, in completo nero su camicia bianca, nel frattempo escono di scena. Non tardano nel tornare con un altro capo, che come per le scarpe lo fanno indossare alla modella statunitense Maggie Rizer, escono di nuovo e si ripresentano con un altro capo ancora da aggiungere sopra al precedente e così per cinque, sei, setto, otto, nove volte. Quando ripongo sulle spalle della modella l’ultimo out-fit, si ritrova a dover sorreggere settanta chili di tessuto, peso di gran lunga superiore al proprio. Ecco che il tema della collezione ora può essere compreso: è una matriosca umana. I due uomini, altro non sono che la personificazione degli stessi stilisti, impegnati in un rituale di vestizione quasi mistico, sacrale. Distruggono il ruolo del backstage, portandolo direttamente sulla scena, invertendo quindi la gerarchia di svolgimento di una normale sfilata; riescono inoltre ad invertire la valenza dell’abito, che pur restando davanti all’occhio dello spettatore non può essere ammirato perché ricoperto da quello successivo.

Ÿ  Concept: Per la collezione si ispirano al mondo e ai meccanismi gerarchici dell’aristocrazia russa, da cui deriva per altro il titolo dello show. Lo modella viene ricoperta da nove strati di abiti, ognuno del quale è impreziosito da pietre e gioielli incastonati nel tessuto, abbinate a raffinate e lussuose texture ricamate.

Ÿ  Hair styling: I capelli sono raccolti in una pettinatura rigida, in modo da agevolare la vestizione della modella.

Ÿ  Makeup: Assolutamente neutro, la modella è pallida, quasi inanime. 

Ÿ  Reazione del pubblico: Stupore e ammirazione coinvolgono immediatamente lo spettatore, che attonito assiste alla performance che prende lentamente piede sotto i suoi occhi. Le prime peculiarità che si notano sono sicuramente l’incarnazione di Viktor Horsting e Rolf Snoeren nei due vestieristi, oltre alla ribellione da qualunque criterio canonico e gerarchia di una normale sfilata. Riprendendo il tema della stratificazione, esplicano la vera natura dell’haute couture: la bellezza sublime dei capi lavorati a mano all’interno di un processo creativo lungo, minuzioso, per certi versi sofferto e doloroso, da cui però fuoriesce solo il lussuoso prodotto finito. Proclamato un esemplare di splendente haute couture, che incanta nella sua più immacolata perfezione.
Recensioni:  -“Fahion at the Edge” Caroline Evans.
“A conversation about Skin + Bone” Jade Change (www.metropolismag.com).
“Roybotic Steez blog” Robotic Steeze (royboticsteez.blogspot.com).


A cura di Carlotta Magnaguagno
"FASHION SHOW - dalle origini alla performance"





venerdì 10 agosto 2012

e se dicessi... MADE IN ITALY?!

...UN PO' DI STORIA...

In Italia il buyer/ imprenditore Giovanni Battista Giorgini si adoperò già durante il secondo conflitto mondiale e soprattutto dopo la sua conclusione, allo scopo di convincere i compratori americani sull’elevata qualità e l’incredibile convenienza del prodotto italiano, introducendolo e facendo si che acquisisse credibilità a livello internazionale. Il 14 Febbraio 1951  segnò, anche se in maniera comunque non troppo eclatante, l’effettivo esordio della moda italiana: Giorgini organizzò nel salone della propria casa fiorentina, Villa Torrigiani, un defilè appositamente per alcuni compratori statunitensi, che comprendeva le creazioni di alcuni dei principali esponenti della moda italiana, tra cui Carosa, Fabiani, Marucelli, Simonetta, Noberasko, Fontana, Veneziani, Shubert, Pucci e Gallotti. L’iniziativa non passò dunque inosservata, Parigi già iniziava a rendersi conto della minaccia che costituiva il patrimonio d’oltralpe, che ormai necessitava di una location rappresentativa più adeguata: passando per il Grand Hotel di Firenze venne spostata nel 1952 nella Sala Bianca di Palazzo Pitti.
 Luogo d’eccellenza per accogliere i modelli italiani, rientrava perfettamente nell’ideale del made in Italy, affezionato ad un’aristocrazia d’altri tempi, espressione di un lusso incarcerato e tenuto nascosto durante la guerra e pronto a tornare secondo il desiderio di un pubblico ormai stanco di anni di crisi e ristrettezza.
Alla fine degli anni Cinquanta la crescita del mercato del pret-a-porter e il dinamismo raggiunto dall’industria tessile ebbe un impatto significativo sull’organizzazione, il numero e la sequenza delle sfilate. Nel 1959 Pierre Cardin esibì la sua collezione di ready-to-wear nella boutique parigina Printemps e successivamente dalla metà degli anni sessanta esso venne integrato ufficialmente nel calendario dei fashion show. L’incremento del pronto moda fu determinata inoltre dalla graduale perdita di interesse nei confronti dell’haute couture da parte delle generazioni più giovani, che non si identificavano nei dogmi dell’alta moda parigina. I designer che in questo periodo andavano ad affermarsi erano proprio coloro che rispondevano a queste nuove esigenze culturali di distacco verso l’abbigliamento canonico, proponendo tendenze e show alternativi in grado di soddisfare le pretese di una componente sociale diversa dal pubblico, che fino ad allora aveva occupato il ruolo di dittatore di moda. 


a cura di Carlotta Magnaguagno "Fashion Show - dalle origini alla performance".

venerdì 3 agosto 2012

parola di ROBERTO CAPUCCI.


Cosa ne pensa di...
MISSONI: HA UNO STILE
ARMANI: NON è MAI VOLGARE
FERRè: SEMPRE RISERVATO
MI PIACCIONO GLI STILISTI CHE HANNO UNO STILE.
NON PAZZO, FELICE DI FARE QUELLO CHE VOLEVO.

Direi che nella sua felicità, o pazzia che dir si voglia, rimane sempre e comunque un Genio.



somme verità

essere pieni di se rappresenta l'incapacità di poter aggiungere, a se stessi, nuove cose dagli altri.